La nostra intera società è teatro di una battaglia, fra tante, che pur essendo praticamente costante è anche, molto di frequente, silenziosa; è una spinta decorosa e doverosa, quella a attribuire a tutti i cittadini la possibilità di fruire realmente di diritti che, in altro modo, rimarrebbero solo teorici. Ci riferiamo, nello specifico, al riconoscimento dei diritti dei disabili: un riconoscimento che non si limita sicuramente all'installazione di rampe d'accesso o di montascale, per quanto possano essere elementi utili e necessaro, ma che parte da un cambiamento di modo di pensare.
L'ottica che applichiamo ogni giorno, infatti, deve subire una totale evoluzione: e si tratta di una evoluzione culturale, che coinvolge meccanismi profondamente radicati e può essere scomoda perfino da distinguere, all'inizio. Troppo spesso, perfino animati dalle migliori intenzioni, siamo portati a fare un ragionamento che ci appare perfino magnanimo: "Esistono persone, i disabili, che per via dell'handicap che soffrono si trovano ripetutamente in difficoltà e vivono vite complesse e faticose. Dare loro una misura di consolazione concedendo loro qualche agevolazione è un modo di ripagarli delle loro sofferenze".
Non sembra scorretto, non è vero? Anzi, ci appare come un'ottima visione del mondo, generosa verso i più deboli, giusta, e che alla fine ci costa poco: qualche intervento architettonico, qualche parcheggio dedicato, qualche segnalatore sonoro ai semafori. Purtroppo, è una visione comoda ma in realtà molto ingiusta, e perfino superba. La questione infatti viene posta nei termini sbagliati: non si tratta di offrire consolazione, o di concedere favori, o di ripagare sofferenze a chi soffre di handicap: si tratta di realizzare le condizioni fondamentali della società civile.
Il ragionamento che dovremmo portare avanti è infatti ben diverso: non ha a che vedere con supposta generosità, e meno che mai con un malinteso buonismo. L'ottica reale da cui fronteggiare il problema dei diritti dei disabili è: "Ci sono diritti che sono irrinunciabili: perchè la società sia effettivamente civile, è basilare che tutti ne godano, nella pratica così come nella teoria. Come si può fare per far sì che anche i cittadini vittima di invalidità o disabilità di qualche tipo, che li limitano nella percezione o nel movimento, non vengano da tale condizione ostacolati nella fruizione di tali loro diritti?"
In effetti, letti grossolanamente, I due ragionamenti potebbero apparire simili, se non nei termini del problema almeno a livello di conseguenze: da entrambi, per esempio, discende la necessità di ricercare, riconoscere, e abbattere tutta una serie di barriere architettoniche. Tuttavia la diversa prospettiva proposta è il cuore del problema, ed è essenziale. Qui non stiamo parlando di fare un regalo di consolazione a degli sfortunati, ma di rispettare un dovere civile preciso: quello di rendere autentici e reali, per tutti, i diritti che siamo soliti affermare semplicemente in teoria.
Se quindi, domattina, avremo qualche disagio a trovare un posto per parcheggiare la nostra auto, e ci verrà spontaneo un moto di stizza nel vedere inoccupato il posto riservato ai disabili, o ancora se ci infastidirà vedere sommare alle tante spese del nostro condominio quella per sostituire gli ascensori in modo che possano accogliere le sedie a rotelle, ricordiamolo: non stiamo facendo concessioni, ma stiamo - coerentemente - comportandoci da persone civili..
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