Delle tante prospettive dalle quali si può osservare la storia, soprattutto quella molto recente, come quella degli ultimi decenni in Italia, sicuramente riveste un particolare interesse quella civile: il percorso di riconoscimento e conquista di diritti sociali importantissimi per tutta la popolazione. E in questo ambito affascinante, c'è un filone di particolare importanza eppure poco narrato, sebbene abbia anch'esso, come gli altri, attraversato momenti di difficoltà e momenti di trionfo, abbia visto importanti prese di coscienza e gravi rallentamenti, e riguardi un argomento di peso assolutamente considerevole. Ci riferiamo al percorso di realizzazione piena dei diritti dei disabili di ogni età e tipologia, e di questo vorremmo parlare.
Nella nostra Carta Costituzionale, infatti, è espresso in maniera molto chiara ed esplicità un concetto di importanza essenziale, che ha a che vedere con la condizione stessa del cittadino: quello che tale condizione, appunto, preveda non esclusivamente precisi doveri, ma anche altrettanto precisi diritti, come quello alla salute, all'istruzione, al lavoro e alla socialità. E questo, naturalmente, vale per ogni cittadino, anche se questi si trovi a soffrire di una qualche disabilità. E fu una fondamentale presa di coscienza da parte dei disabili e delle loro famiglie, avvenuta in quel periodo di grande fermento civile e sociale che fu la fine degli anni sessanta del millenovecento, a dare inizio al percorso di realizzazione dei loro diritti: il nascere della consapevolezza di essere di fatto emarginati, e di avere pieno diritto ad un intervento delle istituzioni per affrancarsi da tale condizione.
Non sarebbe possibile parlare di questo cambiamento culturale e legislativo senza nominarne i principali attori e ispiratori; e tale ruolo deve essere assolutamente riconosciuto al mondo delle associazioni, sia di quelle dei disabili, sia di quelle che riuniscono i loro familiari. Fu infatti ad opera loro che nacque la spinta forte al mutamento che impattò sui due piani essenziali della questione: quello istituzionale, dove solo possono essere discusse e approvate le leggi necessarie, e quello, forse perfino più importante, del quotidiano, dove avvengono in realtà i mutamenti culturali e di comportamento che vanno in realtà ad avere l'impatto più visibile sulle condizioni di vita dei disabili stessi. E per tali cambiamenti, per la nascita della stessa "cultura dell'handicap", dobbiamo ringraziare schiere di insegnanti, di volontari, di piccoli amministratori locali, di sindacalisti.
Mercoledì 30 marzo del 1971: volendo trovare una data precisa in cui collocare uno dei primi grandi trionfi di questo movimento civile, questa è adattissima. Fu in quel giorno che venne approvata una legge fondamentale, la 118, sull'invalidità: e fu la legge 118 a rendere possibile lo sviluppo di una vasta rete di servizi di riabilitazione e assistenza alle famiglie colpite dal problema della disabilità. Con tale avvenimento nacque il concetto che la riabilitazione medica, per quanto possibile, del disabile, fosse sì importante ma non sufficiente; e che a dare valore allo sforzo e al lavoro congiunto del disabile e dell'operatore per recuperare quanto più possibile movimento, comprensione e abilità fosse una preliminare, e doverosa, reintegrazione del disabile come elemento positivo del tessuto sociale.
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